L’umanizzazione della politica
Mentre tutto tende ad assumere una dimensione planetaria e si globalizza grazie alle nuove tecnologie, aumenta l’isolamento reale di ciascuno nei confronti degli altri. Laddove aumenta la ricchezza prodotta , cresce anche la povertà estrema ed il conflitto tra chi è inserito nei circuiti produttivi e chi ne è escluso. I ricchi sempre più ricchi, i poveri sempre di più e più poveri.
C’è in atto un crescente processo di disumanizzazione della società, con scenari sempre meno attenti al bene dell’uomo:
disumanizzazione dell’Economia e di un mercato, con sempre meno regole e rivolto alla massimizzazione del profitto, senza attenzione alla redistribuzione ed all’equità;
disumanizzazione della Finanza predatrice e cannibale che dagli Stati Uniti ha innescato una crisi economica senza precedenti;
disumanizzazione del mondo delle professioni sempre più ossessionato dalla ricchezza e dall’opulenza senza quella tensione morale e ideale con la quale la cosiddetta borghesia intellettuale aveva accompagnato le trasformazioni sociali e civili del XIX secolo;
un mondo accademico sempre chiuso a familistico, pronto a sacrificare merito e ricerca sull’altare dei propri affetti o di più prosaici interessi personali;
una burocrazia pubblica, in buona parte inefficiente ed in alcuni casi anche corrotta e infedele;
ed infine, ma non in ultimo, la politica, che rappresenta in questa fase storica lo specchio degenerato di una società che ha perso la bussola.
La politica ha smarrito la sua funzione regolatrice ed intermediaria degli interessi della società. E’ divenuta esercizio del potere per il potere, risucchiata nel vortice dell’egoismo più sfrontato , senza ideali e con deboli convinzioni che sistematicamente soccombono rispetto alle convenienze quotidiane.
Alla fine degli anni ’70, con il superamento di quella generazione di politici che nel dopoguerra lavorò alla ricostruzione del Paese, l’approccio delle classi dirigenti alla gestione del bene pubblico è mutato radicalmente.
Lo sviluppo economico e la modernizzazione civile dell’Italia avevano prodotto fra i tanti benefici, anche una ridotta tensione etica e una diversa sensibilità morale nei confronti del governo della cosa pubblica e delle responsabilità collegate.
Il debito pubblico che fino a quel momento era servito a finanziare la costruzione di strade, scuole, ospedali, acquedotti e opere di civiltà, anche nelle campagne più sperdute, diventa lo strumento per finanziare privilegi, consenso elettorale e tante infrastrutture inutili e mai completate che hanno alimentato corruttele e malcostume diffuso, il cui costo è stato scaricato sulle generazioni successive. Un debito, non soltanto economico , difficile da saldare e che complice una gigantesca crisi economica mondiale rischia di ricacciare il nostro Paese, per molti anni, in una condizione di emarginazione e minorità inimmaginabile per chiunque fino a qualche anno fa.
Tangentopoli non fu una rivoluzione di sistema, i partiti ideologici di massa furono sostituiti da partiti personali costituiti sull’onda del successo imprenditoriale, mediatico e giudiziario di alcuni soggetti.
Le seconde e le terze file dei vecchi partiti si riciclarono sostituendo alle convinzioni ideologiche dell’appartenenza, la fidelizzazione cieca ad un capo che, senza confronto, impone la linea politica e le candidature.
E così siamo arrivati alla degenerazione dei giorni nostri, l’assenza di ritegno e di morale nei comportamenti pubblici e privati, la verità sempre negata o alterata attraverso mistificazioni ed aggiustamenti mediatici : Ruby che diventa la nipote di Mubarak, le cene eleganti, il tesoriere della Margherita ed i suoi acquisti necessitati, Scajola e la casa comperata a sua insaputa, la miserevole nemesi della Lega ed infine il caso Lombardia.
Se perfino una élite di Amministratori pubblici, proveniente dall’esperienza di Comunione e Liberazione, formatisi alla scuola del più integro credo cattolico e della più elevata concezione del bene comune produce quelle distorsioni e quegli abusi assurti agli onori della cronaca in questi mesi, allora il fondo è stato toccato ed il sistema va necessariamente azzerato.
Occorre umanizzare la politica, ricostruendo l’etica della responsabilità delle classi dirigenti.
“Umanizzare significa alla fine costruire la consapevolezza e il consenso su una nuova priorità di valori più collegati all’essere che all’avere, meno individualistici e più solidali in coerenza con un’immagine di persona che fa parte di una comunità che evolve tutta insieme”.
Negli ultimi mesi, vivo un personale disagio generato dalla consapevolezza della difficoltà nella quale siamo e delle complessità nel trovare vie d’uscita. Si lavora intere giornate a conclusione delle quali i problemi sono aumentati, le persone disperate o semplicemente bisognose di aiuto si sono moltiplicate e solo per pochi o pochissimi, è possibile una risposta. Onestamente non pensavo che nel corso della mia vita potessi essere protagonista o semplice spettatore di un simile diffuso malessere.
Erano queste le condizioni di un’Italia povera, presente nei racconti di mio nonno e di mio padre, relegati in un angolo della memoria che invece, sono improvvisamente diventati cruda attualità ed esperienza di vita vissuta.
La stragrande maggioranza dei cittadini è ancora convinta che il livello di civiltà raggiunto e la qualità dei servizi pubblici essenziali siano una condizione irreversibile, purtroppo non è così!
Quando qualche mese fa Monsignor Ricchiuti mi chiedeva un’attenzione per la viabilità disastrata di questo territorio, io mi sforzavo di spiegare che i ritardi accumulati erano tanti, come tante erano e sono le criticità irrisolte, ma che alcune azioni erano state programmate e finanziate ed almeno le maggiori difficoltà sarebbero state in breve rimosse. E poi, con il miglioramento delle condizioni della Finanza Pubblica una risposta definitiva, forse, sarebbe potuta arrivare in tempi accettabili. Oggi dico che tutto è drammaticamente precipitato ed ipotizzare l’assegnazione di nuove risorse pubbliche per l’ammodernamento della infrastrutturazione primaria in tempi così complessi resta un’aspirazione difficile a realizzarsi; la mia principale preoccupazione nell’immediato resta quella di far avviare e continuare tutti i lavori già appaltati sulla gran parte della viabilità provinciale negli scorsi trenta mesi ( 106 Meuro di opere stradali), che allo stato non possono avviarsi, perché i vincoli del Patto di Stabilità ci impediscono di pagare le imprese le quali, a loro volta, in assenza di certezze sui pagamenti non potranno iniziare i lavori.
Comprendete qual’è il livello della crisi del nostro Paese, sono state appaltate opere con la certezza della copertura finanziaria ma quelle risorse, che formalmente sono nelle nostre casse, non possono essere spese.
Il pareggio di bilancio non si può garantire non pagando gli impegni già assunti. Lo devono comprendere tutti a partire dal Presidente Monti e conseguentemente provare a correggere una simile distorsione.
E’ necessario che ognuno, per ruolo e responsabilità istituzionale ricoperta in questo momento storico, faccia fino in fondo il proprio dovere a difesa della modernità e del progresso raggiunto negli ultimi 50 anni.
Nessuno ha una ricetta garantita per uscire vincitori da questa crisi, le uniche certezze per affrontare e provare a risolvere i problemi che abbiamo davanti a noi, si poggiano sul lavoro, l’onestà, la giustizia, il rigore dei comportamenti e la competenza. Non servono contrabbandieri del consenso al governo delle istituzioni.
Per troppo tempo la spesa pubblica ha prodotto molti voti e pochi risultati. Il privilegio di pochi troppo spesso è prevalso sull’interesse di tutti.
Il Governo dei Tecnici per rassicurare mercati e comunità finanziaria internazionale, in pochi mesi ha accelerato il processo di riforma su pensioni e lavoro, per certi aspetti queste riforme erano necessarie e non rinviabili; con la stessa urgenza, però, occorrerebbe intervenire sulle grandi rendite, di posizioni di banche e assicurazioni, così come non è più sostenibile il mantenimento di alcune ingiustizie o semplici privilegi che garantiscono ancora piccole cerchie di cittadini, i quali per ruolo antico o per incarico attuale costituiscono quella che nell’immaginario collettivo è diventata “La Casta”.
Senza demagogia o ipocriti populismi, che sarebbero contrari alla mia storia personale e alle mie convinzioni, credo fermamente nella politica la quale rappresenta la più grande passione della mia vita, ma onestamente non sono giustificabili mille parlamentari nominati e avulsi dal sistema di scelta democratica, che lavorano dal martedì al giovedì. Sono troppi e troppo costosi. Ma questo Parlamento non credo abbia volontà e coraggio di autoriformarsi.
Così come è ormai intollerabile che un medesimo cittadino che sia stato Consigliere regionale, parlamentare, europarlamentare e dipendente pubblico o privato, in perpetua aspettativa non retribuita, cumuli due o tre vitalizi più una pensione per contributi versati dall’ente o dalla istituzione dove ha espletato il mandato. Sarebbe onesto e sufficiente un unico emolumento, un unico vitalizio anche dignitoso ed adeguato al rango ed alla carica pubblica un tempo rivestita, ma il mantenimento dell’attuale privilegio cumulativo è inammissibile se confrontato alla contestuale richiesta di sacrifici sulla prospettiva pensionistica dell’artigiano, dell’operaio, del muratore, dell’impiegato pubblico o privato e del commerciante
Nessuno può più trincerarsi dietro il peloso rispetto di diritti acquisiti o di leggi generali astratte ed irretroattive.
“Se la sfida della Umanizzazione è alla fine quella di costruire una mentalità e uno stile di vita attento al bene dell’uomo di oggi e di domani, in tutte le sue dimensioni occorre domandarsi come è possibile contribuire al superamento della cultura corrente che è troppo spesso incentrata su valori individualistici ed è alimentata da una concezione del mercato come unico regolatore della vita, dei rapporti e dello scambio tra soggetti.”
Cambiare non è più una promessa o un impegno. Cambiare è un imperativo!